La narrativa è una forma artistica di racconto che per millenni è stata declinata attraverso il buon uso, talvolta realistico, talvolta potentemente metaforico, della parola scritta, che ha trovato peraltro sponda secolo dopo secolo nella drammaturgia teatrale e più recentemente nella sceneggiatura cinematografica e in tutte le forme di comunicazione artistica che, in fondo, determinano l’essere umano come sorgente di intelligenza creativa. Questo universo letterario che ha accompagnato la storia dell’umanità, non può oggi evitare di confrontarsi, così come ha fatto per secoli attraverso stili e registri,  con il mondo contemporaneo della connessione continua, delle risorse multimediali, della realtà immersiva della comunicazione. Oggi gli autori contemporanei più audaci costruiscono storie e realtà immaginarie attraverso i canali propri dell’era ipermediale, dove diversi contenuti, che differiscono per forma e significato uno dall’altro, concorrono al racconto di un universo narrativo allargato, dove quello che una volta era esclusivamente un lettore alle prese con la parola scritta, oggi può immergersi, circondato e affascinato, in una realtà artistica multidimensionale e convergente.

Nella strutturazione di questi universi narrativi, si conserva potentemente la metafora del sistema solare: una stella principale, che coordina e dà il via alla costruzione di base del racconto, in cui i personaggi, la trama, le atmosfere, i conflitti e gli eventi si sviluppano, e una serie di “pianeti”, costituiti da canali e contenuti diversi dall’astro di riferimento, che aggiungono valore alla storia centrale attraverso modalità del tutto diverse e fornendo contenuti complementari, ma originali. Anche il ruolo dell’autore, in questo sistema tolemaico del narrare cambia prospettiva: il nume tutelare è colui il quale gestisce quella che con termine anglosassone si definisce “Logline”, cioè il fil rouge di condivisione di base, a cui l’autore stesso o altri autori, spesso provenienti anche dalla community dei fan della storia, aggiungono sottostorie, sottotesti, personaggi e luoghi secondari, mantenendo la coerenza dell’universo di fiction globale. Tutto ha un suo centro, un racconto primo, un suo conflitto principale, degli eroi e antieroi narrativi iniziali a cui si aggiungono via via elementi ulteriori attraverso arti e tecniche diverse. La biografia dell’eroe protagonista di un romanzo, magari non raccontato in dettaglio dallo stesso testo,  diventa un film in flashback, lo stesso personaggio dialoga coi lettori, come fosse un essere in carne ed ossa attraverso i social network, dei podcast audio ci svelano segreti, voci, suoni e musiche degli universi narrativi di partenza e così via. Ogni interpretazione artistica, che allarga l’orizzonte, completa l’opera che da solista diventa per così dire sinfonica.

Il giudizio critico e artistico su queste opere polidimensionali molto spesso è relativo alle complessità che l’autore iniziale riesce a costruire e all’elasticità per cui la sua originaria storia possa essere all’infinito “espansa” fino quasi a diventare un realtà virtuale dove il lettore/spettatore/fan possa godere al massimo della sensazione di completa immersione nei fatti raccontati, quasi senza la problematica della delusione (o per qualcuno dell’appagamento) di un finale conclusivo.

Le prime esperienze articolate di questo sistema di narrazione e del complesso universo commerciale che spesso affianca le situazioni di maggior successo, si trovano ovviamente nell’immaginario cinematografico e televisivo. Film di fantasia di grande successo, come Guerre Stellari, o serie televisive come Star Trek, hanno scatenato fin dagli anni ’70 del Novecento la realizzazione di contenuti dove i piani narrativi sono stati “esplosi” in livelli multipli, attraverso canali e risorse coordinate, ma diverse dall’originale: ai film sono seguiti fumetti su personaggi ed eventi secondari, serie radiofoniche, videogiochi dove l’interattività e la contemporaneità “live” determinano gli eventi, innumerevoli realizzazioni grafiche, linguistiche e persino geografiche (con creazione di luoghi virtuali dove realtà e fantasia si incontrano). Nel corso dei decenni i contenuti sono stati perpetuati e ampliati, fino alla creazione di sottostorie lontane dal controllo degli autori iniziali, per arrivare persino alla creazione ludica da parte di alcuni grandi linguisti anglo-sassoni di dizionari completi delle lingue aliene,  reinventate all’interno di queste “saghe” dove sono vive e parlate: un obiettivo che avrebbe commosso i primi esperantisti.

L’avvento della condivisine in rete su banda larga, della connessione perpetua e della digitalizzazione integrale delle modalità di creazione dei contenuti, non hanno fatto altro che rendere questa tendenza ancora più irrefrenabile. Si può dire che oggi nessun libro di narrativa, sceneggiatura cinematografica, piattaforma di gaming, serie televisiva nasca senza la volontà di potenziamento secondo lo schema ipermediale.

E’ piuttosto interessante il caso dei podcast, registrazioni audio molto spesso derivanti da narrazioni radiofoniche, ma sempre più spesso strutturate come racconti nati senza la necessità di una trasmissione. La resilienza del mezzo radiofonico, che ha saputo negli anni (nei secoli ormai verrebbe da dire) resistere all’accerchiamento degli altri media, è proverbiale: la forza del racconto orale ha ripreso quota in primis negli Stati Uniti, dove alcuni sceneggiati radiofonici (come li chiameremmo noi) hanno raggiunto vette di decine di milioni di download, pur in realtà non godendo di alcuna ritrasmissione radiofonica, ma esclusivamente attraverso il meccanismo dell’ascolto del file in streaming o dopo adeguato scaricamento. Ma attenzione: il rinnovato successo para-radiofonico di alcune di queste realizzazioni arriva dove e quando il racconto orale del podcast si costruisce come il sole di una più larga galassia ipermediale.

“The Serial” per esempio è una docufiction in due serie prodotta negli Stati Uniti con la tecnica dell’ormai perso sceneggiato radiofonico. L’opera, perché di questo si tratta, è stata concepita da Sarah Koenig e Julie Snyder. La narrazione nella prima serie si sviluppa sull’indagine relativa all’omicidio realmente accaduto di una giovane nella provincia americana, mentre la seconda serie racconta la storia  di un soldato americano prigioniero per anni di un gruppo talebano afgano e, successivamente al suo rimpatrio, accusato di diserzione.

Solida capacità letteraria e narrativa hanno consentito alle due autrici di proporre qualcosa di magnetico per l’attenzione degli spettatori, nel solco della tradizione radiofonica americana. Eppure “The Serial” è uscito, volontariamente, dall’alveo dello sceneggiato radio, quando, grazie ai suoi creatori, ma anche alla community creativa dei suoi fedeli ascoltatori, una infinita gamma di “materiali” narrativi complementari è stata creata: video, grafiche, cartine e mappe, contenuti prettamente riferiti ai social network, in attesa di uno sviluppo cinematografico che non mancherà.

Questa modalità di iper-medializzare la narrazione è ovviamente oggetto di applicazione anche in altri campi, in primis il racconto pubblicitario, dove il cliente/consumatore diventa addirittura protagonista della scrittura di alcuni contenuti aziendali, debitamente filtrati. Anche l’arte figurativa non è aliena a questa innovativa pratica, con alcuni sistemi di realtà immersiva nel mondo museale, dove la numerosità di strumenti e fonti di descrizione e commento all’opera la valorizza. Citiamo una ottima e innovativa esperienza locale: “Liberi di Entrare”, sistema di racconto dei musei della Provincia di Varese dove video, podcast utili anche come audioguida, gallerie fotografiche, risorse web e realtà aumentata puntano all’integrazione di una esperienza a 360 gradi nella fruizione di opere e luoghi d’arte.

L’autore, l’artista hanno quindi oggi una possibilità in più rispetto al passato, o meglio hanno l’occasione di potenziare il proprio universo creativo: diventare creatori di un mondo artistico flessibile e aperto, dove tutti possiamo vivere ed essere parte, per un po’ del nostro tempo, di una fascinosa e ammaliante “irrealtà virtuale”.

 

 

L’arte di narrare nell’universo ipermediale – di Andrea W. Castellanza

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