Nell’immagine: Paraocchi – di Pawel Kusczynski

“Noi non ci invitiamo l’un l’altro per mangiare e bere semplicemente ma per mangiare e bere insieme” (Plutarco, Dispute conviviali)

– Abstract –

La caduta verticale della capacità di articolare concetti animando la dialettica da parte delle più giovani generazioni impone l’obbligo morale, a chi ha potuto godere di adeguata istruzione e di infiniti meravigliosi modelli di cultura superiore, di dedicare il proprio tempo a una profonda riflessione, che generi le soluzioni necessarie per frenare la semplificazione degenerativa del linguaggio, ne interrompa il vortice e riporti ogni persona senziente alla ricerca della bella unicità della propria libertà espressiva, di modo che questa facoltà poi si ripercuota positivamente su ogni altra capacità comunicativa comunque espressa; che la si dimostri nel menù di un pranzo tra amici, nella composizione dei suoni per sintetizzatore di una serata techno o, meglio che in ogni altrove, in un valoroso corteggiamento.

– Testo –

Rivolgo questo mio appello agli appassionati dei linguaggi artificiali, quindi primi tra tutti agli studiosi della stenografia, anche in contrapposizione verso il linguaggio emotivamente banalizzante degli “emoticon”. Con questo termine si identificano una serie di simboli nati per venire abbinati al linguaggio criptico dei messaggini inviati a milioni su ogni “social”. Simboli, ai quali si affida il compito di completare il significato del testo caratterizzandolo con una emozione, rappresentata dall’”emoticon” stesso.

In questa riduzione dei concetti, i quali vediamo sempre più costretti a ridursi ai minimi termini data l’apparente mancanza di tempo della vita odierna, la direzione prevalente è quella di banalizzare il testo sforbiciando qualsiasi contenuto, che sia men che lineare, e di completarlo con una di tali “icone emotive”, realizzando così una drammatica povertà di linguaggio, di sfumature, di sensibilità. Un vortice, quello mancanza di tempo qualitativo – semplificazione dei rapporti sociali tramite limitazione del sé – resa incondizionata a modelli di scuola e di società fondati sul nozionismo, che sta travolgendo ogni forma sana di espressione e cultura.

Esattamente il contrario del principio fondante di ogni linguaggio stenografico, nato per trattenere in sé quanto più possibile il valore delle parole pensate e parlate. E allora oggi il compito di contrapporsi all’impoverimento del linguaggio è un arduo tentativo da compiere, al quale l’appassionato cultore della stenografia non deve sottrarsi. Fermare la banalizzazione degli schemi di ogni linguaggio mondiale gettando il cuore oltre l’ostacolo, reinventandosi nella mischia dei “social”, ideando un linguaggio stenografico rinnovato e dedicato ad essi, che sia semplice ma non banale, emotivo ma non misero, universale come una chiave disegnata per aprire sempre e per chiudere mai.

Quanto timore a citare esempi come Maria Montessori, la scuola di Barbiana, e prima ancora la scuola attiva di Pierre Bovet a Ginevra. Oggi indicare ai più giovani la strada per recuperare rapporti sociali più umani e appaganti tramite un linguaggio “social” universale ricco ed espressivo anziché banale e limitante è uno sforzo paragonabile a tali esempi. Il tentativo va fatto con cura, con rispetto… e anche con lo spirito della sfida e del gioco. Cercando sinergie, finanziabilità per ricerche, esempi storici, modelli di applicazione. E certamente anche studiando a fondo, in collaborazione con gli psicologi, un argomento complesso, ahinoi figlio dei tempi, come il cyberbullismo.

Un linguaggio dei segni innovativo e universale, su misura per i “social” esistenti e soprattutto per quelli che verranno (sempre più in video e meno scritti) al quale affidare il meraviglioso compito tracciato in questa esortazione.

Per decidere quale sia la strada maestra prima di lanciarsi in tale avventura è di certo opportuna una fase di ascolto reciproco e di intelligenza collettiva, fortemente intrisa di disponibilità a confrontare idee diverse; web designer, psicologi, educatori. Una fase costituente di caos creativo, che immagino possa rappresentarsi al meglio durante la vostra prossima Assemblea, per la quale sono a chiedervi di mettere la mia richiesta tra gli argomenti all’ordine del giorno.

SEGNI, PAROLE, LINGUAGGI. Lettera aperta ai sopravvissuti dell’Accademia di Stenografia – di Sergio Barni

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