Appello all’invenzione di paraalfabeti dinamici, per un uso meno banale dei social.

Chi ha da dire qualcosa di nuovo e importante ci tiene a farsi capire. Farà perciò tutto il possibile per scrivere in modo semplice e comprensibile. Niente è più facile dello scrivere difficile”. Karl Popper, La società aperta e i suoi nemici, 1945.

Il libro essenziale, il solo libro vero, un grande scrittore non deve, nel senso corrente, inventarlo, poiché esiste già in ognuno di noi, ma tradurlo. Il dovere e il compito di uno scrittore sono quelli di un traduttore”. Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto, 1913 – 1927.

Come sono nati gli alfabeti in passato, e come si sono evoluti i linguaggi? Perché lungo la storia ne abbiamo inventati di così diversi, dai segni sulla roccia, agli ideogrammi, ai caratteri occidentali?

Forse per corteggiare chi ci faceva sognare (Petrarca, Neruda). Forse per esprimere un concetto tecnico o medico dettagliato, magari innovativo, affinché rimanesse ben espresso senza distorsioni (Giulio Cesare, Ippocrate, Simone De Beauvoir). Forse perché il linguaggio che prende anima da un certo alfabeto piuttosto che da un altro ci permettesse di illuminare alcune note della nostra o di una altrui personalità (Baudelaire, Boccaccio, Marina Ivanova Cvetaeva, Leopardi, Shakespeare).

Talvolta un alfabeto può essere stato creato e usato per dividere e isolare, magari un popolo intero, come nel caso del cirillico.

La lingua parlata come la conosciamo sta scomparendo, il suo utilizzo è già minoritario. La comunicazione in TV e sui social è al 90% commerciale; ogni programmazione è sponsorizzata, direttamente o indirettamente. Finanche i programmi per bambini sono studiati per indurre “bisogni”. Gli “assistenti virtuali” da poco diventati realtà sono in grado di predire il 90% delle nostre scelte e di influenzarle, sulla base dei comportamenti sui social e sulle app. Un adolescente è oggi una facilissima preda per “sistemi”, formati nei minimi dettagli da geni della psicologia.

Si scambia moltissimo via chat e via social e quando ci si vede non sempre siamo in grado di modulare il linguaggio come vorremmo, perché il vocabolario è povero.

Le impressioni si formano ormai in millesimi di secondo; giudichiamo tutto e tutti in funzione di un istinto formato perlopiù da paure indotte (e a noi stessi poco giustificate). Il “sentiment”, oggi studiatissimo dai guru del marketing, si forma nella nostra mente in un istante anche in riguardo a situazioni complesse. Abbiamo la testa così piena di informazioni, dalle quali siamo invasi, che il tempo che ci concediamo per analizzarle e classificarle è minimo; semplifichiamo al massimo per non cadere nel problema opposto, quello di un mare di dati disponibili da valutare, per prendere anche decisioni semplici, che ci travolgerebbe fino a rendere assurdo il processo decisionale.

Come dovrebbe essere il linguaggio per i social del futuro, oggi che abbiamo grande facilità di connessione con ogni parte del mondo grazie al “telefonino”, con connessioni pressoché gratuite? Siamo soddisfatti di poterci esprimere a monosillabi, sigle, emoticon, gif, condivisioni di post preconfezionati? Per me questa riduzione è del tutto insoddisfacente, m’impedisce di esprimermi in modo armonioso e ampio, limita la mia conoscenza degli altri che incontro in rete, in quanto li trovo a loro volta “costretti” nelle vesti di un linguaggio ormai universalmente banale.

Mi chiedo quindi:

– potrebbero un alfabeto nuovo, un nuovo linguaggio favorire la fluidità dei concetti, l’espressività degli individui, la fioritura di nuove interiori libertà e liberazioni?

– quali sono le qualità di un linguaggio che uniscono e quali quelle che invece dividono gli interlocutori, quando per comunicare tra loro usano quel linguaggio e i segni che lo esprimono?

Il mio intervento alla Assemblea Ordinaria 2019 della Accademia Aliprandi Rodriguez è stato dedicalto alla condivisione di queste domande, alle quali non ho risposta.

Con il linguaggio si esprime affetto, amore, emozione. Il resto è noia. Occorre un linguaggio capace di facilitare l’espressione dei sentimenti. Ma non si può tuttavia cadere nella tentazione di rinunciare a soppesare bene anche le tante scelte delle quali, come persone e come parte della comunità, siamo responsabili. Il flusso dei dati deve esserci reso disponibile in forma utilizzabile se non vogliamo esserne trascinati in modo inconsapevole, come greggi. Pensiamo a una semplice analisi del sangue, o al bilancio del comune dove viviamo, o alle decisioni su come alimentarci. Riusciamo davvero, oggi, a “com-prendere” certe informazioni? Decidiamo consapevolmente?

Insieme a tutti coloro che vorranno auspico non solo di poter approfondire “accademicamente” il tema dei segni e alfabeti che ci attendono nel futuro, e dei linguaggi con i quali comunicheremo; ma anche di poter da subito contribuire a gettare le basi di un nuovo linguaggio universale, adatto ai social e per il telefonino, che permetta al pensiero cosciente di librarsi pienamente.

La mia proposta è di creare un paraalfabeto dinamico di segni fluidi (signa liquida), interattivi e multimediali.

Slides

“Liquida” – di Sergio Barni

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