Immaginate una parete di roccia, una scala a pioli appoggiata alla parete e una corda doppia in parte. Poi immaginate due persone che si avventurano verso la cima della parete, una che sale sulla scala a pioli e una che si imbraga, si attacca al moschettone e comincia ad arrampicarsi. Quello che vedremo è una persona che sale rapidamente lungo una scala e che si ferma quando la scala finisce e in parte vedremo una persona che sale la parete in maniera disordinata passando da un appiglio ad un altro seguendo un percorso del tutto personale, ma che riesce a raggiungere l’apice della parete e a vedere cosa c’è oltre.  Questa è un’immagine che, a mio parere, permette di visualizzare in maniera chiara cos’è il “pensiero divergente”. Il “pensiero laterale” o “divergente” è il pensiero che esce dai percorsi definiti, che intraprende percorsi non convenzionali apparentemente in maniera disordinata, ma che genera risposte e soluzioni innovative e impensabili alla risoluzione di un problema.

J.P. Guilford nel 1950 pubblica un articolo sulla rivista America Psychologist intitolato “Creativity” nel quale parla per la prima volta di “pensiero divergente” ponendolo al fianco del più noto “pensiero convergente” o “pensiero logico” o ancora “pensiero verticale”, che segue schemi di ragionamento codificati per raggiungere un’unica possibile soluzione ad un dato problema.

Il pensiero divergente a differenza di quest’ultimo non segue alcuno schema mentale, passa in maniera random tra connessioni di pensiero non sequenziali e apparentemente non collegate tra loro, permettendo di ottenere risposte multiple ad un dato problema. Possiamo affermare quindi che il “pensiero divergente” è un’abilità trasversale, cioè una metacompetenza che spazia in maniera libera tra i vari ambiti di esperienza e che può essere applicata in molteplici campi.

Nel suo “Creatività e pensiero laterale” (ed. Bur- 1998) Edward De Bono sostiene che “Il pensiero laterale è strettamente correlato alla creatività, ma mentre la creatività è spesso la descrizione di un risultato, il pensiero laterale è la descrizione di un procedimento mentale. (…) Un risultato lo si può solo ammirare, ma di un procedimento si può apprendere l’uso.”

Erroneamente nel passato si è sostenuto che solo le persone che maggiormente ricorrono all’uso dell’emisfero destro sono le persone più creative. Alla luce di recenti studi neurologici possiamo affermare che non è possibile localizzare la creatività in una specifica regione cerebrale del cervello, il funzionamento neurale cambia in funzione del contenuto dell’atto creativo, ma anche delle caratteristiche cognitive delle diverse persone. È possibile quindi considerare la creatività come una conseguenza della plasticità cerebrale cioè la capacità del cervello di modificare la propria morfologia funzionale attraverso l’esperienza e l’apprendimento. Tutti possiamo essere creativi, perché la creatività non è una dote innata, ma un’abilità che va esercitata. L’atto creativo di un matematico sarà probabilmente molto diverso da quello di un pittore ma la funzione creatrice dell’immaginazione è essenziale sia nelle scoperte scientifiche che nel dare origine ad opere d’arte; non solo, mettiamo in gioco la nostra capacità creativa anche nella vita quotidiana, quando affrontiamo piccoli ostacoli, o troviamo modi migliori per fare le cose, o quando inventiamo soluzioni che ci migliorano la vita, in tutti questi casi mettiamo in pratica una creatività quotidiana che ha un’enorme valenza sociale.

Il pensiero creativo o divergente può quindi essere considerato come strumento di adattamento alla vita moderna in continuo mutamento. Pensiamo alla costante evoluzione del mercato del lavoro nel quale le attitudini sempre più richieste sono le cosiddette “soft skills” cioè flessibilità, capacità di lavorare in gruppo, comunicazione e appunto creatività, qualità che hanno raggiunto il grado di importanza delle “hard skills” cioè della competenza tecnica e dell’esperienza. Il riuscire a guardare i problemi da diverse angolazioni uscendo dai percorsi definiti ci aiuta anche a prevenire una serie di disagi psicologici sociali legati all’incapacità di uscire da schemi comportamentali e di pensiero maniacali e ossessivi, quali la depressione, i disturbi alimentari e le dipendenze.

Per adeguarsi ai rapidi cambiamenti sociali è necessario che la scuola cominci a valorizzare tutte le dimensioni dell’intelligenza di un individuo; non deve fornire solo le abilità strumentali e didattiche di base, ma anche favorire un’educazione alle competenze, (tra cui la creatività) oltre che alle conoscenze.

Purtroppo il nostro sistema scolastico, da sempre, si concentra sull’insegnamento del “pensiero convergente” che è il pensiero secondo il quale ad ogni domanda c’è un’unica risposta esatta, senza concedere spazio all’errore, che è invece la linfa del “pensiero creativo”. La didattica basa la propria pratica sulla memoria e sulla capacità di eseguire correttamente i compiti assegnati, concentrandosi sull’insegnare “cosa” pensare anziché “come” pensare.

Le materie artistiche, che garantiscono il potenziamento delle abilità immaginative e creative non hanno spazio tra le competenze fondamentali da insegnare a scuola e un alunno creativo che pensa fuori dagli schemi non viene particolarmente valorizzato o apprezzato all’interno del sistema scolastico, tanto è vero che la creatività non figura tra i parametri di valutazione di nessun test istituzionale.

Sir Kennet Robinson educatore e saggista britannico sostiene che questo sistema educativo europeo ha sostanzialmente portato a dividere le persone in due categorie cioè: “intelligenti” coloro i quali raggiungono obiettivi condivisi secondo percorsi formativi “regolari; e i “non intelligenti” che pur essendo dotati di una brillante intelligenza, spesso alternativa rispetto alla massa, pensano di non avere questa qualità perché sono stati per anni giudicati, all’interno del sistema scolastico, secondo questa visione esclusiva della mente-unica e dell’intelligenza logico-deduttiva.

Robinson afferma che: “la tendenza alla creatività è innata e si affievolisce nel corso degli anni perché viene ingabbiata all’interno di sovrastrutture iper-razionali nelle quali si viene sempre più inquadrati (scuola). Ciò avviane affinché possa funzionare un sistema non ancora pronto al pluralismo interpretativo, basato invece sulla validità di un’unica risposta accettabile, che è quella che fornisce l’insegnante o quella che riporta il manuale… ma non bisogna andare a guardare la risposta e non bisogna copiare perché copiare significa imbrogliare cosa che fuori dalla scuola si chiama collaborare”…  [1]

Illustrando vari esempi a sostegno della sua tesi, Robinson propone un’inversione di tendenza nei progetti educativi governativi, cioè l’idea di un nuovo paradigma educativo basato sul pensiero laterale che valorizzi le varie intelligenze e le consolidi all’interno di uno sviluppo creativo del pensiero. Potenziare quindi l’insegnamento delle materie artistiche: musica, arti visive, teatro, danza integrandole nei programmi scolastici in maniera interdisciplinare permettendo che le strategie di “pensiero divergente” applicate nell’esercizio delle materie artistiche, possano permeare anche le modalità di “pensiero logico-razionale”.

In conclusione, se i governi iniziassero a progettare una rivoluzione nel pensiero educativo nazionale, puntando alla formazione di individui capaci di pensare in maniera creativa, non farebbero solo un’operazione di adeguamento dell’offerta educativa in funzione di un’evoluzione sociale rapidissima, alla quale in questo momento il sistema educativo attuale,  non riesce a dare risposta, ma compierebbe anche un’azione di prevenzione sanitaria rispetto all’insorgere di malattie che riguardano il disagio psicologico e sociale.

 

 

[1] Ken Robinson – https://www.ted.com/talks/ken_robinson_changing_education_paradigms

Joy Paul Guilford-“Intelligence, creativity, and their educational implications”-Edits Pub-1968

Tony Buzan – “Usiamo la testa” – ed. Frassinelli – 2005

Edward De Bono – “IL pensiero laterale” – Ed. Bur – 2000

Edward De Bono – “Creatività e pensiero laterale” – Ed. Bur – 2001

Cristina Castelli – “Resilienza e creatività. Teorie e tecniche nei contesti di vulnerabilità” – Ed. F. Angeli – 2019

Bruno Munari – “Fantasia” – Ed. Corraini – 2015

Ken Robinson – “Fuori di testa – Perché la scuola uccide la creatività” – Ed. Erikson – 2015

Ken Robinson – https://www.ted.com/talks/ken_robinson_says_schools_kill_creativity

Ferruccio Cavallin-“Creatività, pensiero creativo e metodo – Ed. libreriauniversitaria.it 2015

 

 

 

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