La veloce diffusione di internet ne ha permesso un uso sempre più abituale in diverse realtà e per differenti necessità. In rete sono presto sorte anche comunità telematiche legate da intenti di vario genere, non ultima la condivisione di svaghi o passioni comuni. Ma cosa intendiamo, esattamente, quando parliamo di comunità virtuali?
Secondo Ann Baemish, con il termine comunità virtuale si intende un gruppo di persone legate dalla condivisione di interessi comuni di diversa tipologia, che si riunisce proprio in rete per discutere di argomenti che spaziano dalle ricerche accademiche agli hobby. Le community virtuali non hanno confini geografici, le interazioni avvengono da qualunque parte del mondo1.
Parlando di esse, oggi è abbastanza usuale porre attenzione soprattutto agli aspetti negativi presenti in alcune community cosiddette “tossiche”, tralasciando invece le implicazioni psicologiche positive che emergono in quelle sane, dove la condivisione permette scambi positivi, crescita individuale, e il senso di appartenenza al gruppo ha delle indubbie ricadute positive sulla vita dell’individuo.
Uno dei principali sociologi che si è occupato di approfondire gli aspetti psicologici e sociali del senso di appartenenza a una community online è Howard Rheinghold, che nei suoi studi si è concentrato sugli elementi positivi di internet e su alcune delle sue ricadute sociali, come la socializzazione tra i membri e le interazioni sociali positive e creative.
Dalle community di videogiochi a quelle delle fan fiction, dalle ex community di fansubber ai fandom, il senso di appartenenza ha fatto da collante in tutte le community sane nelle quali i partecipanti si sono sentiti parte di un fenomeno e di una grande passione condivisa.
Nell’ambito della traduzione audiovisiva ha avuto un suo spazio anche quella amatoriale, comunemente nota come fansubbing, le cui origini risalgono agli anni ’80, con l’inizio del grande successo dei cartoni animati giapponesi (anime), al di fuori del Giappone. I fan europei, infatti, volevano avere la possibilità di guardare i loro anime preferiti, che però non venivano distribuiti sulle reti televisive di molti paesi europei. Fu così che, allora, i gruppi di fan decisero di unirsi nel perseguire un obiettivo comune e produrre gratuitamente i sottotitoli di tali programmi.2
In un loro articolo Barra e Guarnaccia affermano: «La vita del fansubber è fatta di passione». Proprio la passione e l’amore per i loro personaggi preferiti portava i fansubber a impegnare gratuitamente il proprio tempo, alzandosi spesso anche all’alba per tradurre e rilasciare per tempo l’ultima attesa puntata del serial più amato. Elemento fondamentale del loro codice etico era produrre sottotitoli fatti da fan per altri fan, senza guadagnare null’altro che l’attenzione e la gratitudine degli altri.3

Inoltre, spesso, le interazioni nate all’interno delle community di fansubber hanno stabilito tra i partecipanti rapporti di frequenza anche nella vita reale, creando legami di amicizia anche duraturi.
Il fenomeno ha quindi avuto implicazioni positive nella quotidianità delle persone coinvolte, che hanno vissuto la possibilità di confrontarsi, sentendosi parte attiva di qualcosa che rappresentava un aspetto importante delle proprie passioni e interessi.
I tanti riscontri positivi da parte delle comunità di fan, nonché la possibilità di avanzamento di ruolo, alimentavano l’autostima dei vari membri e miglioravano decisamente la capacità di lavorare in gruppo. I traduttori più capaci potevano infatti ricoprire, dopo selezioni successive, anche il ruolo di revisori.
La creazione di un forte senso di appartenenza contribuisce a garantire una buona partecipazione comune a diversi aspetti e problematiche sociali. Essa aumenta quando gli individui trovano riconoscimento delle proprie competenze (come nel caso del fansubbing), quando c’è la possibilità concreta di portare a termine i propri obiettivi, quando la relazione con gli altri membri della comunità è positiva, quando si condividono obiettivi comuni. E quando, infine, si condividono non solo narrazioni e simboli comuni, ma anche eventi significativi.4
Sentirsi parte di un gruppo unito e coeso contribuisce ad aumentare anche la produttività creativa degli individui partecipanti, costantemente visibile dal punto di vista della quantità (l’aumento degli interventi e interazioni all’interno del gruppo è la prova di quanto questo possa essere attivo e vivace) e della qualità (più l’argomento preso in esame è coinvolgente e più le osservazioni all’interno del gruppo saranno interessanti). Un altro elemento indicante la coesione di un gruppo è la sua durata che, con le caratteristiche tipiche della stabilità, influenza l’attività dei componenti portando anche al contenimento dell’ansia (per quanto riguarda la correttezza di un intervento e l’orientamento nel gruppo) e l’incoraggiamento all’ascolto (lasciando l’individuo libero di esprimersi come meglio crede).5
Appartenere a un gruppo sano, positivo, grande o piccolo che sia, partecipando alla creazione di qualcosa e sentendosene parte attiva, è sicuramente uno dei modi migliori di aumentare l’autostima dell’individuo, eliminare la sensazione di inadeguatezza spesso provata dai più giovani e contrastare infine inaspettatamente anche fenomeni come il bullismo e l’isolamento sociale.
Il positivo supporto psicologico si delinea, a mio avviso, più fortemente nelle community che hanno impegnato i componenti attivamente, come parte creativa delle stesse. E, laddove esse hanno stimolato le capacità individuali, è evidente che hanno in qualche modo agito anche sulla crescita personale e sullo sviluppo di una maggiore autostima.

Attraverso il materiale pubblicato, anche su Internet, e diverse interviste che sono state effettuate in questi anni ai fansubber, risalta sempre non solo la passione con cui si dedicavano al loro hobby, ma anche la solidità del senso di appartenenza al gruppo, la gioia di farne parte, di sentire il costante ringraziamento dei fan (che aspettavano con ansia i sottotitoli delle serie televisive preferite).
Dalle varie testimonianze in rete si evince che chi ha fatto parte di una community di fansubber ha sicuramente imparato l’arte di lavorare in team e di gestire scadenze con buona professionalità, ha aumentato le proprie competenze in un campo che spesso è diventato una professione, ha approfondito la conoscenza dei linguaggi televisivi specifici in base alle serie tradotte (ognuna di esse, infatti, aveva caratteristiche particolari, temi trattati e ambientazioni diverse, e quindi espressioni, slang e linguaggi appropriati).
E non ultimo, soprattutto nel target più giovane, l’insicurezza iniziale e a volte anche una certa chiusura sociale, hanno lasciato il posto a una maggiore fiducia in sé e nelle proprie capacità, all’apertura a scambi, incontri, eventi condivisi, procedendo di pari passo con una dimestichezza sempre più vicina anche alla professionalità specifica richiesta nella traduzione professionale.
L’impegno e la gratificazione per il lavoro svolto da tutti i componenti delle varie community virtuali hanno determinato quindi non solo l’individuale risoluzione di ansie e insicurezze e la gestione positiva di emozioni e sensazioni, a volte incontenibili, ma anche la possibilità di migliorare piacevolmente le proprie competenze, sentendosi parte attiva di una passione condivisa.

Bibliografia:

Barra L., Guarnaccia F., Essere fansubber: alla scoperta delle comunità che sottotitolano le serie tv, in Link. Idee per la televisione – Sguardi laterali, 2008

Beamish A., Communities On-Line: Community-Based Computer Networks, Tesi di Master in City Planning, Department of Urban Studies and Planning, Massachusetts Institute of Technology, 1995

Cilento F., Il senso di comunità: vale per le community?, 2013

Díaz Cintas J., Remael A., Audiovisual Translation: Subtitling, New York, Routledge, 2014

Franchini P., Marigonda E., Costruzione dell’identità e del senso di appartenenza nei gruppi on line, Convegno – On-line research event. L’evoluzione continua, Milano, 2010

NOTE

1 Ann Beamish, Communities On-Line: Community-Based Computer Networks, Tesi di Master in City Planning, Department of Urban Studies and Planning, Massachusetts Institute of Technology, 1995

2 Jorge Díaz Cintas, Aline Remael, Audiovisual Translation: Subtitling, New York, Routledge, 2014

3 Luca Barra e Fabio Guarnaccia, Essere fansubber: alla scoperta delle comunità che sottotitolano le serie tv, in Link. Idee per la televisione – Sguardi laterali, 2008

4 Francesca Cilento, Il senso di comunità: vale per le community?, 2013

5 Patrizia Franchini, Enzo Marigonda, Costruzione dell’identità e del senso di appartenenza nei gruppi on line, Convegno – On-line research event. L’evoluzione continua, Milano, 2010

Il senso di appartenenza nelle comunità virtuali: il caso fansubbing – di Cora Costanza Cammarasana

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Un pensiero riguardo “Il senso di appartenenza nelle comunità virtuali: il caso fansubbing – di Cora Costanza Cammarasana

  1. Non un semplice articolo ma uno studio approfondito, ricco di dettagli e intelligenti considerazioni.
    Sicuramente da proporre a livello universitario.
    Felice che a scriverlo si stata una collega giornalista dal mio stesso cognome.

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